Meno data center, più cloud computing

In un solo lustro, dai 130 exabyte del 2010, entro il 2015 si passerà a 1,6 zettabyte annuali, ovvero 22 trilioni di ore di musica streaming, 5 trilioni di ore di conferenza aziendale via webcam o 1,6 trilioni di ore di streaming video in alta definizione. Sono questi i numeri in prospettiva del traffico cloud computing globale, secondo la ricerca Global Cloud Index stilata dall’azienda Cisco.

Tutti i vantaggi della nuvola virtuale

Il cloud – simboleggiato da una nuvola – è un’insieme di tecnologie che permettono, tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider al cliente, di memorizzare, archiviare o elaborare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware/software distribuite e virtualizzate in Rete. I risultati? Prestazioni migliori, gestione semplificata e maggior utilizzo rispetto ai tradizionali data center, ed in effetti rappresenta la voce di maggior crescita all’interno dell’indagine, promossa da Cisco in collaborazione con Assinform.

Incrementi esponenziali per il flusso dati variabile

La ricerca ha messo in evidenza come la maggior parte del traffico data center non venga generato dall’utente e si stima che, entro il 2015, il 76% di esso rimarrà all’interno del centro elaborazione dati a fronte della migrazione del workload tra diverse macchine virtuali e delle attività di background effettuate. A causa della crescita dei servizi video consumer, il traffico data center verso l’utente registrerà picchi significativi. Si stima che l’ammontare medio del traffico per ora, durante i periodi di picco, come la prima serata, tenderà a crescere di due volte e mezzo. Ed è qui che si colloca il modello “cloud on demand”, come soluzione che può rendere possibile tale incremento del flusso dati variabile.

Entro il 2015 si calcola che il 17% del traffico totale lascerà il data center per essere distribuito dall’utente e un ulteriore 17% sarà generato fra i vari centri elaborazione attraverso attività come il cloud bursting, replicazione dati e aggiornamenti.

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